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La tempesta perfetta

Sembra di vivere nella tempesta perfetta, che come descritto in meteorologia colpisce esattamente l’area più vulnerabile di una regione, provocando il massimo danno possibile

Secondo un recente studio ammonta a 1 milione e 300 mila il numero dei dipendenti bancari in Europa oggi, un dato importante, ma in significativa diminuzione nell’ultimo decennio.

Infatti, sono oltre 470 mila i bancari che dal 2008 hanno perso il posto di lavoro nell’eurozona, molti dei quali sono stati licenziati per motivi economici.

In un momento in cui è necessaria una visione europeista e globale, anche per le dimensioni che stanno assumendo le aziende di credito italiane, è necessario riflettere su ciò che in Europa, e certamente nel mondo, sta succedendo.

In Italia, come previsto dalla legge 223/1991, uno dei criteri per la scelta del personale relativamente ai licenziamenti collettivi è proprio l’anzianità. Parafrasando: i giovani. Sembra di vivere nella tempesta perfetta, che come descritto in meteorologia colpisce esattamente l’area più vulnerabile di una regione, provocando il massimo danno possibile.

Ancora una volta siamo travolti dagli eventi, da qualcosa che non dipende da noi, ma che riguarda noi. Sicuramente deriva dalla situazione sociale ed economica che stiamo affrontando, ma anche dalla mala gestio di alcuni banchieri. È inutile negare che la situazione ha avuto impatti diversi da nazione a nazione, le politiche sociali introdotte negli anni in molti paesi europei (scandinavi su tutti), hanno portato ad un tasso di disoccupazione giovanile che va oltre le più rosee aspettative. Ancora una volta la tempesta perfetta si abbatte sui paesi del Mediterraneo, con evidenti lacune nelle politiche di reinserimento dei giovani nel mercato del lavoro. Certo, perché servirebbe formazione, studio e programmazione per inserire un giovane nel mondo del lavoro. Servirebbe un’Italia dei redditi non delle rendite.

Grazie ad una lungimirante scelta della FABI e delle altre organizzazioni sindacali, in Italia siamo riusciti ad evitare i licenziamenti collettivi per motivi economici, abbiamo gestito gli esuberi di personale delle banche tramite il fondo di solidarietà, istituito negli anni 2000, che ha accompagnato senza traumi oltre 95 mila bancari. Il ruolo nevralgico del fondo, alimentato da banche e dipendenti, assume una veste solidale che consiste nell’avere evitato il licenziamento dei giovani per via dell’accesso, ricordiamo volontario, dei colleghi over 60.

Insomma, abbiamo dovuto fare da noi. Evitare i licenziamenti sarebbe stato anche compito della politica, ancora una volta incapace di effettuare scelte e di trovare soluzioni. La tempesta d’altronde colpisce noi, i giovani, le donne, il ceto medio. Dovrebbe essere facile intuire che tutto ciò avviene nel settore del credito riveste connotazioni sociali; ecco perché è importante sensibilizzare l’opinione pubblica circa gli sforzi che, come dipendenti, stiamo facendo. La tempesta per definizione è qualcosa di temporaneo, che si abbatte su qualcosa, proseguendo poi il suo cammino. Non pensate, quindi, che sia finita. Chiunque lo facesse compirebbe un gravissimo errore.

Nei prossimi mesi saremo chiamati a rinnovare il Contratto collettivo nazionale di settore, sarà lì che si giocherà gran parte del futuro della nostra categoria. Non pensate che sia scontato, nessuno ci regalerà nulla. Senza il CCNL si innescherebbe una selvaggia autoregolamentazione dei gruppi bancari, che sfocerebbe in una agguerrita concorrenza fra le banche. Risultato: l’aumento delle indebite pressioni commerciali e lo svilimento del ruolo del bancario. Corsi e ricorsi storici. Molte cose nella nostra vita sono cicliche, come la tempesta perfetta che ha travolto la nostra categoria e che quasi sicuramente tornerà alla carica nei prossimi mesi, cercando le nostre più intime debolezze per colpirle ancora una volta.

Ma noi non la supereremo, ne abbiamo attraversate tante coscienti che, come sostiene Haruki Murakami (scrittore e accademico giapponese) “Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non sapremo nemmeno noi come abbiamo fatto ad attraversarla e a uscirne vivi. Anzi, non saremo nemmeno sicuri che sia finita per davvero.

Ma su un punto non c’è dubbio. È che noi, usciti da quel vento, non saremo gli stessi che vi siamo entrati”.

Alessandro De Riccardis
Alessandro De Riccardis
Coordinatore Nazionale FABI Giovani
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