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Il continente bianco

Per il decennale della nostra rivista ho pensato di raccontarvi un viaggio assurdo ai confini del mondo, il viaggio in Antartide.

Avevo molti punti di domanda in testa: il terrore di annoiarmi a morte su una nave da crociera, la paura di stare malissimo durante il passaggio del Canale di Drake, di vedere qualcosa di non così eccezionale come viene descritto, ma vi anticipo subito che i miei dubbi sono stati spazzati via come le nubi sull’Antartide nelle giornate ventose.

La nave rompighiaccio è molto più grande di quanto ci si immagini, trasmettendo sicurezza, le sponde dei letti, le barre che bloccano gli oggetti riposti sulle mensole, sportelli e ante dell’armadio ricordano la traversata da compiere. Dopo le presentazioni viene servito un aperitivo, ottimo come saranno ottimi tutti i pasti dei giorni a seguire, e poi tutti in cabina a prelevare gli armamentari vari, giubbotti salvagente ed iniziare subito con un’esercitazione.

La cosa che mi preoccupava di più in assoluto era il passaggio del Canale di Drake. Molte sono le storie di esploratori naufragati, navi disperse, vascelli affondati nel ventre del Canale di Drake, e benché lo staff sembri essere estremamente contento per le onde che raggiungono “solo 5 metri di altezza” il mio scetticismo continua ad aumentare. A meno che non siate esperti navigatori credo sia impossibile non prendere pasticche per la nausea!

Circondati dal nulla contiamo 5 balene, che sembrano indicarci la via e rimaniamo incantati dai movimenti, gli alti spruzzi e le evoluzioni che riescono a fare questi cetacei giganti, ma con un’incredibile grazia intrinseca.

Si naviga in un paesaggio spettrale e affascinante nello stesso tempo, unico colore il grigio, finalmente, in lontananza, sfumate dalla nebbia, si intravedono le sagome più scure di alcuni scogli e isolotti, come nei film ti viene di gridare “TERRAAAAAA!”.

Siamo dentro una fotografia in bianco e nero, la totale assenza di tinte forti è ancora più suggestiva di un bel paesaggio a colori.

La mattina siamo pronti per il primo sbarco, devo dire che l’alba, con il sole che si alza dal mare, qui ha una delicatezza particolare, peccato duri poco inquanto qui la nebbia la fa da padrone e cela nuovamente il paesaggio.

Sbarchiamo ad Half Moon Island che, come dice il nome stesso, ha la forma di una mezza luna.

Sulla spiaggia di ciottoli e pietre nere, una colonia di pinguini Gentoo, ci osserva incuriosita, forse perché cozziamo con i nostri parka tutti colorati con il paesaggio cui cui sono abitati.

Ci spostiamo camminando lungo la spiaggia, raggiungendo diverse piccole insenature, la nebbia non dirada, tutto è avvolto da una cortina che sfuma i dettagli, mentre l’acqua del mare è lattiginosa, sembra addirittura densa.

Il secondo sbarco sarà a Deception Island, vulcano dal cratere collassato. La caldera, a forma di ferro di cavallo, racchiude un fiordo circolare. Vi si accede da uno stretto passaggio, il Neptune’s Bellow.

Sulla spiaggia ci sono diversi capanni e barili “Monumenti” a triste memoria delle stazioni baleniere e dei massacri compiuti.

Poco distante dalla spiaggia c’è un campionario di iceberg è un tripudio di azzurro, celeste, violetto, indaco, turchese, blu e diverse altre sfumature, opere d’arte dalle forme più disparate: archi, ventagli, caverne spugnose, oltre superfici arrotondate, solcate, stropicciate come carta, porose, levigate, insomma una galleria d’arte naturale.

Qui l’uomo non può vantare alcun diritto e neppure merito, anzi purtroppo ha solo potere distruttivo.

A conclusione di questo splendido viaggio posso dire senza dubbio che l’Antartide è più da vivere che da raccontare.

Andrea Fanesi
Andrea Fanesi
Esecutivo Nazionale FABI Giovani
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