Il sistema di “Stato Sociale Italiano” è caratterizzato da un insieme di prestazioni assistenziali e previdenziali, che vengono gestite ed erogate da appositi enti.
I sistemi pensionistici pubblici sono deputati a erogare le prestazioni ai lavoratori al raggiungimento di determinati requisiti anagrafici e contributivi, e, più in generale, ad erogare prestazioni a copertura di eventi che annullano o riducono la capacità lavorativa (ad esempio malattie, infortuni, maternità) o al verificarsi di particolari situazioni di indigenza.
L’attuale configurazione del sistema previdenziale italiano è il frutto di una complessa evoluzione di varie normative che trovano il loro fondamento nell’art. 38 della Costituzione.
Ma in dettaglio cosa si intende con i termini “previdenza” e “assistenza”?
La previdenza fa riferimento alle prestazioni erogate ai cittadini che durante la vita lavorativa hanno versato contributi ai sistemi pensionistici obbligatori.
Mentre con il termine “assistenza” si fa riferimento, invece, alle prestazioni erogate per soddisfare i bisogni vitali di tutti i cittadini.
Il sistema previdenziale italiano, nell’ultimo ventennio, ha dovuto affrontare numerosi difficoltà legate a fattori demografici, quali l’invecchiamento della popolazione, nonché fattori economici, quali la diminuzione dei tassi di crescita e l’aumento della disoccupazione.
Lavoro povero e crisi demografica rappresentano quindi una vera e propria bomba a orologeria per il sistema previdenziale italiano e per il futuro pensionistico di intere generazioni.
Ecco perché il rafforzamento della previdenza complementare – rispetto alla quale l’Italia è indietro nelle adesioni nel confronto con altri Paesi europei – è importantissimo per garantire loro un futuro pensionistico dignitoso.
È importante ricordare che il nostro sistema previdenziale pubblico è a ripartizione: le pensioni attualmente erogate vengono pagate utilizzando i contributi versati dai lavoratori in attività.
Con il passaggio al sistema contributivo il valore dell’assegno pensionistico è legato alle retribuzioni percepite nell’arco dell’intera vita lavorativa e se il lavoro diventa sempre più povero e precario il risultato negativo in termini pensionistici è scontato.
Il tutto con effetti pesanti sul tasso di sostituzione, cioè sul rapporto percentuale tra l’ultimo stipendio percepito dal lavoratore e il suo primo assegno da pensionato.
Infatti, finché la società ha mantenuto la struttura ideale di una sorta di piramide (tanti giovani al lavoro e relativamente pochi pensionati), il conto previdenziale si è mantenuto in equilibrio, ma il progressivo cambiamento di alcuni presupposti demografici ed economici ha finito, nel tempo, per determinare una crescente situazione di crisi dei conti previdenziali.
Avremo, cioè un aumento della popolazione anziana non compensato dalle nascite, con un possibile calo della popolazione complessiva.
Il cosiddetto “Inverno demografico” che incombe sul Paese potrebbe generare il raggiungimento di un nuovo equilibrio economico a un livello complessivamente più basso, quindi drammaticamente insufficiente rispetto al mantenimento di quel rapporto di solidarietà che, in campo previdenziale, lega le generazioni tra di loro.
Si pone, pertanto, la necessità di dare luogo a un secondo “pilastro” previdenziale, tramite la previdenza complementare, con il fine di integrare il trattamento
pensionistico fondamentale il cui grado di copertura, secondo la ragioneria generale dello Stato, a partire dal 2040 sarà pari a meno del 60% dell’ultimo stipendio.
Occorre, per costruire una posizione pensionistica dignitosa, necessaria per tutti, una previdenza complementare che risulti particolarmente preziosa per i giovani lavoratori.
Secondo gli ultimi dati forniti da Moneyfarm, la situazione attuale vede circa tre pensionati su quattro privarsi volontariamente di un’integrazione mensile che potrebbe migliorare la loro condizione economica nella terza età.
I giovani lavoratori non si soffermano sul fatto che, avere una pensione integrativa significa poter contare su una somma extra che va ad aggiungersi alla pensione pubblica, rendendo il bilancio mensile meno gravoso e garantendo una maggiore serenità economica.
Sottoscrivere una pensione complementare significa poter costruire, negli anni, un reddito mensile aggiuntivo che può essere decisivo per mantenere un tenore di vita soddisfacente, tenendo in considerazione il grado di inflazione crescente nell’ultimo ventennio.
Altro aspetto essenziale da sottolineare nel costruire una pensione integrativa è l’età in cui si inizia a versare. Il non essere provvidenziali è uno dei principali errori che i giovani lavoratori commettono nel costruirsi un reddito integrativo. Nel contribuire a un fondo pensione, la tempestività incide fortemente sulla somma che si riesce a maturare. Prima si inizia, maggiori saranno gli interessi composti che aiuteranno a far crescere l’importo finale!
Il confronto tra chi inizia a 30 anni e chi avvia i versamenti oltre i 50 anni rende evidente il vantaggio di chi ha adottato un approccio previdenziale tempestivo. Chi parte presto non solo riesce a risparmiare gradualmente e senza eccessivi sforzi, ma può beneficiare di un periodo di investimento più lungo, che si riflette in una rendita più alta rispetto a chi ha avviato i versamenti a un’età più avanzata.
I benefici legati a una maggiore anzianità contributiva sono molteplici, non sono legati solamente all’importo e agli interessi.
Altro aspetto interessate per i giovani lavoratori, per potere richiedere l’anticipazione delle somme accantonate (ad esempio per l’acquisto della prima casa) è necessario che l’anzianità contributiva all’interno del Fondo sia di almeno 8 anni; per questo motivo, prima ci si iscrive al fondo pensione, prima sarà possibile richiedere le prestazioni messe a disposizione.
In più, se a essere iscritti sono i familiari fiscalmente a carico, il beneficio è duplice: non solo si creerà un “salvadanaio” estremamente utile quando saranno adulti, ma allo stesso tempo si aumenterà la loro anzianità contributiva, consentendo loro di richiedere anticipazioni nell’esatto momento in cui ce ne fosse bisogno.
In conclusione, l’anzianità contributiva nei fondi pensione riveste un ruolo cruciale nella pianificazione finanziaria e nell’assicurare un futuro stabile sia per noi stessi, sia per chi ci sta a cuore.