Il congedo mestruale consente alle donne di usufruire di permessi, generalmente retribuiti, allo scopo di gestire i sintomi associati al ciclo come mal di testa, dolori articolari, affaticamento e dolori pelvici; in alcuni casi questa sintomatologia sfocia in forme più dolorose che impediscono lo svolgimento delle attività quotidiane con grandi limitazioni per la vita lavorativa e scolastica. Questa particolare condizione si chiama dismenorrea, si stima che circa il 30% della popolazione mondiale ne soffre con punte del 60% nelle fasce più giovani.
Nel nostro ordinamento giuridico non è previsto uno specifico congedo mestruale quale diritto garantito a tutte le lavoratrici, anche se ci preme sottolineare che esistono alcune realtà lavorative in cui è possibile usufruire di un congedo per tali motivi.
In generale, la legge italiana prevede congedi per malattia, quindi, se una lavoratrice è malata a causa di dolori mestruali intensi o altre problematiche legate al ciclo, può chiedere un congedo per malattia, previa certificazione medica.
Nel resto del mondo, invece, c’è una distribuzione eterogenea del congedo: in Giappone a partire dal 1947 venne introdotto un periodo di riposo chiamato “seirikyuuka“, in Indonesia, più o meno nello stesso periodo è stata prevista l’adozione di tale congedo e più recentemente in Sud Corea (nel 2001) e a Taiwan (nel 2013). In oriente, infatti, è diffusa una corrente di pensiero che ritiene il congedo in parola quale forma di protezione delle donne in età fertile onde ovviare ad eventuali difficoltà durante il parto a causa della mancanza di riposo in occasione del ciclo.
In occidente, invece, alcune aziende hanno adottato questa pratica come una nota multinazionale americana di abbigliamento cha ha inserito il congedo mestruale nel proprio codice di condotta sin dal 2007. Nel 2023 la Spagna è stata la prima nazione, ed attualmente l’unica, dell’Unione Europea ad introdurre il congedo mestruale.
In Italia è stata presentata nel febbraio 2023 una proposta di legge che prevede l’istituzione del congedo mestruale con l’attribuzione di due giorni al mese di assenze giustificate, previa presentazione di idonea certificazione medica, per lavoratrici e studentesse, con un’indennità pari al 100% della retribuzione giornaliera. Questa proposta, però, non ha ancora trovato la sua effettiva approvazione. Sul tema, infatti, vi è un dibattito molto acceso. Da una parte registriamo una corrente di pensiero che ritiene che, con l’adozione del congedo, si consentirebbe alle donne una migliore gestione dei disturbi legati al ciclo, con relativo aumento della loro produttività; altri, di contro, intravedono nel congedo una sorta di affermazione di una condizione di debolezza delle donne che potrebbe rafforzare gli stereotipi già esistenti sulla fragilità femminile rischiando di generare delle vere e proprie discriminazioni in ambito lavorativo attraverso l’adozione di una norma.
Il tema è molto complesso, per la sua risoluzione occorre uno sguardo multidisciplinare che includa un approccio medico e tenga ben presente tutto quanto concerne il delicato e fondamentale tema della parità di genere.