giovedì, Maggio 1, 2025
No menu items!
FABI
a cura del Coordinamento FABI Giovani - giovani@fabi.it
HomeArteOliviero Toscani, il fotografo senza paura di guardare

Oliviero Toscani, il fotografo senza paura di guardare

L'arte visiva che scuote e trasforma la realtà

” Io non ho nessuna idea, ma non ho paura di guardare. Tutto il mio lavoro è stato questo, tutta la mia vita. Finché, guardando il cielo, non noterò due nuvole identiche, io continuerò a osservare, fiducioso che qualcosa mi cadrà in testa e mi colpirà…”

Correva l’anno 2022 e queste parole sgorgavano fuori, fluide e premonitrici, dalle pagine del libro “Ne ho fatte di tutti i colori” edito da “La nave di Teseo”. A pronunciarle era, con la potenza di un simbolo profetico, Oliviero Toscani, maestro indiscusso della provocazione visiva, e recentemente scomparso, lasciando un vuoto nel panorama artistico e culturale che difficilmente potrà essere colmato.

Quando si parla di fotografia come arte rivoluzionaria, capace di travalicare i confini della rappresentazione per insinuarsi nelle pieghe profonde della coscienza collettiva, la sua figura emerge fiera e spavalda.  La sua morte segna non solo la fine di un’epoca creativa, ma anche l’inizio di una riflessione più ampia sull’essenza stessa della comunicazione e del potere sovversivo dell’immagine.

Nato in una Milano in pieno caos bellico nel febbraio del1942, Toscani ereditò l’amore per la fotografia dal padre, primo fotoreporter del Corriere della Sera. Dopo aver studiato presso la Kunstgewerbeschule di Zurigo, grazie alle sue intuizioni s’impose sulla scena internazionale come un innovatore capace di sgretolare le convenzioni e di ribaltare i severi codici morali di un’Italia conservatrice, ipocrita e bacchettona. Le sue campagne pubblicitarie per Benetton, iniziate negli anni Ottanta, rappresentano un punto di rottura epocale. Attraverso immagini scioccanti e inedite, Toscani ha trasformato il linguaggio pubblicitario in uno strumento di riflessione sociale scavando tra le pieghe della società esponendone debolezze, velleità e rancori.

Ed è in queste pieghe che si possono collocare le immagini visive più iconiche come il  famoso bacio tra una suora e un prete del 1991, le fotografie di malati terminali di AIDS, come il memorabile ritratto di David Kirby circondato dalla sua famiglia in un dolore intimo e universale, o ancora la scioccante foto del 2007, nell’ambito di una campagna contro l’anoressia,  nella quale il fotografo ritrae nuda la modella e attrice francese Isabelle Caro alta 1,64 metri con un peso di 31 chili.

Questi scatti, lungi dall’essere semplici operazioni di marketing, furono vere opere d’arte politica, che spinsero il pubblico ad interrogarsi su temi come la tolleranza, l’ipocrisia religiosa, la malattia e la morte. «Non mi interessa vendere maglioni», dichiarava Toscani,«mi interessa vendere idee». E le sue idee, densamente intrise di un umanesimo feroce e scomodo, non hanno mai indifferenza.

La grandezza di Toscani ha risieduto nella sua capacità di usare la fotografia come un’arma affilata, una lente che non si è limitata alla mera documentazione del reale bensì l’ha reinventa. Un linguaggio visivo sovversivo, il suo, che ha obbligato l’osservatore a un confronto ineludibile con la verità. Nei suoi lavori, il colore funge da dinamite per poi deflagrare come un grido implacabile, mentre i protagonisti immortalati diventano emblemi di una condizione umana che travalica le barriere di razza, credo o status sociale.

Nel 1992, la sua campagna che mostrava tre cuori umani con le etichette “bianco”, “nero” e “giallo” sradicò ogni residuo di razzismo visivo, richiamando l’attenzione su quanto arbitrarie e superficiali fossero le divisioni basate sul colore della pelle. Anche in questa opera, ancora una volta, è emerso, affermandosi, il genio di Toscani capace di condensare in un singolo fotogramma l’intera complessità di una questione sociale, con un’eloquenza che nessun discorso avrebbe mai potuto eguagliare.

Le sue provocazioni hanno portato alla sua corte una vastissima platea di ammiratori, ma anche una nutrita schiera di oppositori. Le sue campagne sono state spesso soggette a censura innescando roventi dibattiti. Cionondimeno, ebbro di genio e sana arroganza, non ha mai compiuto un passo indietro rimanendo sempre fedele al proprio credo: l’arte non è consolazione, ma scossa, risveglio, ferita

In un’epoca in cui la comunicazione visiva tende spesso all’inerzia dell’omologazione, Toscani è stato un visionario che ha osato guardare oltre il confine del lecito per scoprire ciò che è autenticamente umano.

Numerosi i riconoscimenti ricevuti: dal “Grand Prix de la publicité” del 1990 al “The Management Medal dell’Art Directors Club” di New York del 1994 – passando al “Leone d’oro” all’International Advertising Festival di Cannes del 1996 sino ad arrivare alla nomina ad accademico di onore dell’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 2010 e la laurea ad honorem dell’Accademia di Belle Arti di Brescia nel 2017.

Per raccogliere e descrivere la sua eredità non si può non menzionare la sua opera più ambiziosa: “La Fabrica”, il centro di ricerca sulla comunicazione da lui fondato nel 1994 a Treviso. E’ proprio qui, in questo meraviglioso alveo, che giovani creativi provenienti da tutto il mondo trovavano uno spazio dove sperimentare, osare e pensare fuori dagli schemi; un laboratorio dell’avanguardia visiva che riflette la visione utopica di Toscani: un mondo in cui l’arte non serve a decorare, ma a trasformare.

E a nulla vale la retorica sulla sua immagine pubblica di sfacciato provocatore se ci si confronta con chi lo ha vissuto più da vicino. Chi ha avuto questo privilegio lo racconta come un uomo capace di empatia profonda, mosso da una curiosità inestinguibile per l’essere umano. Le sue fotografie non erano mai crudeli; erano rivelazioni. Nei suoi scatti più celebri, persino la morte assumeva una dignità che sfidava l’orrore, trasformandosi in un momento di sublime verità.

Con la sua scomparsa, la fotografia perde un gigante, ma il messaggio di Toscani resta scolpito nelle coscienze: le immagini possono ferire, scuotere, indignare; ma, più di ogni altra cosa, possono cambiare il mondo. 

E lui, con il suo occhio implacabile e il suo coraggio intellettuale, lo ha cambiato davvero.

ALTRI ARTICOLI

L’eterno dialogo

FABI
FABI

I PIU' LETTI

FABI