La moda giovanile è un fenomeno sociologico davvero recente, che ha gettato le proprie basi solo nel dopoguerra. Prima di quel momento, non vi erano i mezzi per portare alla consolidazione di un paradigma riconoscibile, né tantomeno alla sua diffusione. In Italia la moda giovanile era inizialmente improntata in via quasi esclusiva all’imitazione del modello statunitense, ma l’evoluzione dell’informazione e dei social network ha definito oggi un impianto globale, dalla velocità frenetica. Se fino a qualche anno fa, infatti, i cosiddetti “fenomeni virali” erano in grado di andare avanti persino per qualche mese, la durata dei casi attuali si è sensibilmente ridotta.
Tuttavia, di recente sembra che un fenomeno abbastanza duraturo sia stato per così dire battezzato, trovando quindi una propria etichetta, per quanto surreale.
È da qualche anno, infatti, che la nuova generazione musicale produce brani cantati con una dizione particolarmente biascicata e confusionaria. Sia chiaro: questo non significa in alcun modo che si tratti di un canto sgradevole. Semplicemente, si tratta di una modulazione dei vocaboli tale da dare l’impressione che si incastrino a fatica nella metrica. Questa tecnica del “corsivo”, seppure con gradazioni diverse, è oggi utilizzata da artisti di rilievo come Madame, Mahmood, Blanco, Tha Supreme e Sangiovanni.
Nell’ultimo periodo, l’apparizione dell’hashtag #corsivo sul social network TikTok ha generato enormi discussioni attorno a questo modo di parlare e di cantare, confluite sui maggiori podcast nazionali.
Sembra peraltro che non si tratti di una questione squisitamente nazionale e che questa denominazione provenga da un tipo di canto anglofono già in voga alla fine degli anni zero (del 2000 n.d.r.), con riferimento in particolare alle doti di Amy Winehouse.
È certo che l’analisi di questa tecnica è appena agli inizi.