Un grande atleta, una leggenda del Brazilian Jiu Jitsu, 8 volte campione del mondo, è morto a seguito di una lite in un club a San Paolo in Brasile, poco distante da dov’era nato.
La notizia ha sconvolto l’intera comunità delle arti marziali e in generale del mondo dello sport a tutti i livelli.
Leandro Lo aveva 33 anni, cintura nera di BJJ, è considerato da molti uno dei più forti e rappresentativi atleti che siano mai saliti sul tatami in questa disciplina.
Aveva iniziato presto le arti marziali, a 14 anni e, in poco tempo aveva capito che quella sarebbe diventata la sua strada.
Dotato fisicamente di forza ed esplosività, era famoso per non mollare mai durante le lotte, difficile da bloccare e soprattutto quasi impossibile da ‘’sottomettere’’ tramite leve o chiavi articolari.
Nella lotta come in tanti sport, oltre alla condizione fisica, è importante la lucidità mentale. Leandro era un lottatore completo perché anche nelle situazioni di svantaggio riusciva a ribaltare l’incontro, spesso non mostrando segni di sofferenza agli avversari.
La sera in cui è morto, il 7 agosto 2022, era ad un concerto con alcuni amici. Al suo tavolo è arrivato un uomo in evidente stato di alterazione dovuto ad un eccesso di alcol; agitava una bottiglia di vetro e così Leandro l’ha subito immobilizzato per evitare che ferisse le persone che erano presenti.
La questione sembrava chiusa lì, ma non appena è stato fatto rialzare, l’uomo (poi si è scoperto essere un poliziotto fuori servizio) ha estratto l’arma con la quale ha freddato l’atleta di jiu jitsu, che è deceduto dopo pochi minuti.
La risonanza della notizia è stata molto forte; in un paese che vive già da tempo una protesta contro le continue morti violente, centinaia di manifestanti sono scesi in piazza. Il Brasile con la politica di repressione voluta dal presidente Bolsonaro ha registrato nel 2022 oltre 6 mila vittime, mai così tante da quando il dato viene monitorato dalla agenzia di pubblica sicurezza.
La morte di questo ragazzo, come molte altre per futili motivi, ci deve ricordare, a mio parere, due cose.
La prima: la vita è preziosa e labile, in pochi istanti tutto quello che abbiamo fatto può venire spazzato via.
La seconda cosa è che non è stato un uomo indifferente. Se fosse rimasto seduto al tavolo al suo posto, forse a rimetterci la vita sarebbe stata qualcun altro, ma questa ipotesi un lottatore come lui non l’avrebbe mai accettata.
Per questo a lui e a tutte le persone che combattono le proprie battaglie, nella vita e nella professione, va il massimo rispetto.
Perché si muore una volta sola, ma chi vive nell’indifferenza e nel menefreghismo, muore ogni giorno.
Oss Leandro, che la terra ti sia lieve.