Quante persone potrebbero scrivere una frase come questa? Quanti episodi di solidarietà hanno accompagnato questi mesi e ci hanno avvicinato molto al conflitto tra Russia e Ucraina?
Certamente hanno anche contribuito i mezzi di informazione: con rendicontazioni precise, interviste, pseudo-esperti che provano a disegnare i futuri scenari più o meno probabili… La guerra in Ucraina non sta condizionando solo l’Europa, ma tutto il mondo: la globalizzazione ha trasferito e amplificato il conflitto trasformandolo soprattutto in una guerra economica.
L’accentramento delle risorse “dove costa meno” ha permesso alla guerra, attraverso le sanzioni economiche, di entrare anche nelle nostre case, nelle nostre bollette, nella nostra lista della spesa, nei nostri conti correnti.
La scarsa visione dei nostri governi passati in relazione al tema delle fonti di energia rinnovabili non ha permesso di ridurre la dipendenza energetica come ad esempio è avvenuto in Portogallo, dove, già nel 2018, la produzione di green energy aveva di poco superato la domanda interna del Paese.
Dal lato agricoltura non va meglio: secondo l’analisi Coldiretti, diffusa durante la Giornata Mondiale dell’Ambiente, negli ultimi 25 anni in Italia si è ridotta del 28% la presenza di terreni agricoli. Considerato che importiamo il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche il 49% della carne bovina, il 38% di quella di maiale e il 16% del latte!
Sicuramente stiamo meglio di paesi come l’Egitto, che importava circa il 50% del suo fabbisogno di grano da Russia e Ucraina, ma un continente come quello africano sarà opportuno tenerlo in considerazione: le “Primavere Arabe”, le rivolte che dieci anni fa circa hanno costellato il Nord Africa avevano molte cause, tra cui la fame e l’aumento dei prezzi dei generi alimentari.
Ogni nazione dovrà esercitare il suo ruolo cercando di avere una visione che vada verso i prossimi 1020 anni e non solamente alla prossima legislatura.
Ognuno sarà chiamato a fare la sua piccola parte. Lo ha ricordato recentemente anche il nostro Segretario Generale Lando Maria Sileoni in due interventi: nel primo, replicando al Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha dichiarato che occorrerà aumentare i salari per difenderli dall’inflazione; nel secondo, invece, al Festival dell’Economia di Trento ha sottolineato come, nell’ultimo anno, il costo del personale delle banche sia già sceso complessivamente di un miliardo di euro.
Dieci milioni di lavoratori italiani, tra cui – a breve – i bancari, aspettano di rinnovare i loro contratti: nessuno potrà restare alla finestra in attesa di vedere come evolve il conflitto, queste scadenze andranno rispettate.
Lo dobbiamo a tutte le lavoratrici e a tutti lavoratori. Non possiamo permettere che la miopia dei nostri governi possa trasformare la guerra in uno strumento o una scusa per togliere quanto spetta ai nostri colleghi.