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a cura del Coordinamento FABI Giovani - giovani@fabi.it
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Il percorso

Quante volte nella vita abbiamo deciso di intraprendere un percorso? A volte volontariamente, altre inconsciamente, ma ci è capitato molto spesso di iniziare qualcosa di nuovo e che spesso non conoscevamo prima.

Certo che la parola percorso evoca movimento, azione cinetica, che ci fa raggiungere qualcosa in qualche modo oppure anche semplicemente una nuova condizione.

Fermo restando che non sappiamo se il nuovo status sia migliore, uguale o peggiore del vecchio, per iniziare qualcosa di nuovo sono necessari inventiva, animo e molto coraggio.

Data di inizio di un nuovo percorso per il sistema bancario italiano è sicuramente il 1990, anno del varo della legge Amato, che sancisce la privatizzazione delle banche pubbliche e dà il via ad una profonda ristrutturazione strutturale e dimensionale del sistema che oggi conosciamo.

In quel periodo, e parliamo di oltre 30 anni fa, il legislatore credeva necessaria una modifica del sistema per renderlo competitivo a livello europeo, affinché potesse diventare appetibile per i mercati emergenti.

Probabilmente quella data, il 1990, sancisce un cambio culturale all’interno del sistema. Si passa, infatti, dall’avere molte banche pubbliche con un ruolo sociale ed assistenzialista, ad un numero minore di banche private, di capitali e finanziarie.

Inizia così la rincorsa sfrenata agli utili. D’altronde per qualcuno diventa necessario remunerare il capitale ad ogni costo, anche a quello di non focalizzarsi più su chi mantiene la catena produttiva, cioè il lavoratore.

Se la politica negli anni è stata artefice e garante dei cambiamenti nel nostro settore, oggi è diventata spesso una spettatrice della Banca Centrale Europea, che impone i ritmi di un cambiamento iniziato molti anni fa e che sembra non volersi fermare.

Quindi, il percorso continua proprio per mano della BCE, che impone una riduzione dei gruppi bancari italiani, la razionalizzazione degli addetti e la trasformazione delle banche popolari in Spa.

Oggi ci ritroviamo, quindi, una concentrazione dei primi 5 gruppi bancari che supera il 50% del settore, in linea con gli altri stati europei.

Nonostante alcune note distorsioni locali finite alla ribalta della cronaca, la frammentazione che in passato ha caratterizzato il nostro paese creava una diversificazione dell’offerta, con maggiori opportunità per i lavoratori e per la clientela. D’altronde, in un sistema concorrenziale corretto è sempre il consumatore ed il territorio che ne traggono giovamento.

Purtroppo, come spesso accade nei grandi cambiamenti è l’anello più debole della catena quello maggiormente sollecitato, che rischia quindi di rompersi, senza la presenza di adeguate misure.

Si insidiano così politiche commerciali aggressive, riduzione degli organici, continue ristrutturazioni e piani d’impresa annuali, volti esclusivamente al taglio dei costi.

La rivoluzione digitale in atto e l’avvento della digitalizzazione fungono da acceleratori del processo di un sistema che oramai sembra ostaggio della tecnologia, dalla quale non si può prescindere.

Certo che durante qualsiasi percorso esistono delle difficoltà, ed è ingenuo chi pensa che tutto possa filare liscio senza alcun problema.

Chi credeva davvero che si potesse arrivare alla situazione attuale?

Come sosteneva Friedrich Nietzsche “Ci saranno sempre pietre sulla strada davanti a noi. Saranno ostacoli o trampolini di lancio; tutto dipende da come le usiamo”.

Ecco che da ogni spina nasce una rosa, da ogni difficoltà un’opportunità, ed è quella che la Fabi è pronta a cogliere, proponendo un nuovo modello di banca e di servizio volto a creare nuova occupazione stabile.

Tuttavia, lasciatecelo dire, il nostro percorso è diverso e parte da lontano, quando un gruppo di impavidi bancari decise di costituire nel 1948 a Milano la FABI che avrebbe creato, conquistato e difeso un’intera categoria. E questo non dobbiamo dimenticarlo.

Oggi come allora la FABI ha il dovere di gestire il cambiamento da attore protagonista per continuare ad avere un ruolo strategico nel settore.

Farlo a tutti i costi comporta dei rischi che come sempre siamo abituati a prenderci.

Il nostro “whatever it takes” sarà la difesa della categoria.

Faremo tutto il possibile per difendere la dignità del lavoro e dei lavoratori e, credeteci, perché sarà abbastanza.

Alessandro De Riccardis
Alessandro De Riccardis
Coordinatore Nazionale FABI Giovani
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