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Le lunghe vacanze scolastiche

Un dibattito ancora vivo

Ci siamo passati tutti bene o male, prima come studenti e poi come genitori, eventualmente.

Per milioni di discenti italiani, giugno è l’inizio della vacanze. Finire la scuola e rilassarsi per oltre tre mesi è un traguardo che, quando si studia, è davvero tanto atteso. Le scuole, ma nemmeno tutte, propongono compiti delle vacanze, ma servono a qualcosa?

L’Italia in questo ambito è sul gradino più alto del podio, infatti, è il paese con le vacanze estive più lunghe rispetto a tutti gli altri paesi europei.

Storicamente questa scelta risale ad oltre un secolo fa, quando, per permettere anche ai figli dei contadini di poter frequentare la scuola, questa seguiva il ciclo del grano, che si miete a luglio. Oggi però le cose sono drasticamente cambiate: un periodo così lungo di assenza dalla scuola potrebbe avere ripercussioni molto serie sulle famiglie. Costosi campi estivi che pochi possono permettersi, baby sitter, parenti di ogni sorta e l’empirica evidenza del «summer learning loss», ossia una perdita di nozioni (tra il 17 e il 34%) sia in campo umanistico sia in quello scientifico. Si è capito molto bene con la didattica a distanza (DAD), sperimentata in fase pandemica, quanto un contatto sociale tra alunni ed insegnanti, in ogni fascia di età, sia uno strumento e metodo educativo imprescindibile. Così come nelle aziende si è cercato di trovare un equilibrio tra lavoro agile e lavoro in presenza. Occorre anche nella scuola trovare un compromesso per limare e colmare il gap che le lunghe pause italiane, hanno contribuito storicamente a raggiungere. I numeri parlano da sé: la dispersione scolastica in Italia è tra le più alte in Europa. Rientrano in questa definizione l’abbandono scolastico, l’uscita precoce dal sistema formativo, l’assenteismo, l’accumulo di lacune e ritardi nell’acquisizione di competenze che possono compromettere le prospettive di crescita personale, culturale e professionale degli studenti.

Quello della dispersione è un fenomeno complesso che non trova le proprie radici in un’unica causa, certamente però permettere che così tanti minorenni (studenti in generale) stiano a casa da scuola per così tanto tempo, non aiuta nessuno: loro stessi, le famiglie e lo stato italiano.

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