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a cura del Coordinamento FABI Giovani - giovani@fabi.it
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L’identità

”Melius est abundare quam deficere” recitava una vecchia locuzione latina quando qualcuno, tantissimi anni fa, provava ad immaginare quello che sarebbe stato il futuro del mondo, indicando alle future generazioni la strada da percorrere. Sia chiaro che non in tutti i casi abbondare è un pregio, ma nell’antica Roma l’utilizzo in grandi quantità di beni materiali era sinonimo di prosperità. Al contrario, nell’ultimo decennio, il settore del credito è stato caratterizzato da un fenomeno diametralmente opposto a quello sopra elencato e comune a tutto il territorio nazionale, ossia la chiusura degli sportelli bancari.

Secondo alcuni dati ABI, a fine 2009 le agenzie in Italia risultavano essere 34.036, mentre da una mappatura fatta nel 2019 appena 24.311. Insomma, quasi 10 mila punti operativi persi in 10 anni, una media di 1000 all’anno.

A farne le spese, oltre che i Comuni, depauperati degli Istituti che da anni sostenevano l’economia della popolazione locale, ci sono anche i bancari che si sono ridotti da 330.000 del 2009 a 281.000 di fine 2019, categoria professionale che ha visto perdere quasi 50 mila posti di lavoro.

In questi anni grazie alla contrattazione collettiva, che ha visto la FABI in prima linea in qualità di sindacato maggiormente rappresentativo del settore, siamo riusciti a gestire la situazione senza traumi e mitigare le tensioni occupazionali derivate principalmente da piani industriali miopi e quasi sempre orientati alla riduzione del costo del lavoro.

A distanza di 10 anni è forse arrivato il momento di fare qualche bilancio e di porsi qualche domanda, per capire se stiamo davvero percorrendo la strada giusta.

È anche compito di un sindacato responsabile, che da sempre ha dimostrato uno spirito critico, quello di chiedersi se effettivamente oggi, più che 10 anni fa, il modello proposto dai nostri manager stia funzionando.

La situazione pandemica, come spesso abbiamo evidenziato, ha lasciato alcuni nervi scoperti del nostro Paese, come per esempio diverse carenze del servizio sanitario nazionale, dovute ai troppi tagli economici che ha subito. Nel nostro caso il vaso di Pandora ha fatto emergere quello che come FABI denunciamo da anni, ossia la scarsa capillarità delle banche sul territorio, che di recente ha generato un assalto alle filiali da parte della clientela, costringendo i principali Gruppi bancari a ricorrere alla presenza degli steward, per regolarne i flussi. Probabilmente, questa situazione dieci anni fa si sarebbe evitata. Ma allora, questa politica dei tagli che presenta analogie in diversi settori, è davvero quella giusta?

La chiusura dei punti operativi degli ultimi anni ha inevitabilmente portato un aumento delle transazioni bancarie effettuate da remoto, generando quindi la necessità del settore di riorganizzarsi per affrontare le richieste che il mercato impone. Ecco, quindi, l’aumento spropositato di call center bancari, che negli ultimi anni contano ormai migliaia di operatori, con età media molto bassa, che si aggira intorno ai 36 anni.

Bancari sì, ma a che prezzo? Spesso i giovani impiegati in questo settore hanno poche opportunità di crescita professionale e sono costretti ad alienanti turnazioni, che di fatto limitano i tempi di conciliazione vita-lavoro.

Il tutto assume una connotazione critica, se si pensa che un must del call center è l’open space, senza postazione di lavoro fissa, che aggiunta a qualche giornata di smart working, cavalca l’onda della spersonalizzazione dei giovani colleghi.

Molti giovani bancari oggi vivono una vera e propria crisi d’identità.

Privati della loro professionalità sono spesso alla ricerca di una mansione che ne risalti le competenze.

Per noi diventa necessario ritrovare un’identità culturale come settore, che cambi e modifichi la sua figura, ma non può dimenticarsi del passato.

Insomma, il mondo del lavoro vive in quella che possiamo ormai definire l’era dell’astrattismo, ma nonostante questo, qualche gruppo bancario ha il piacere di promuovere slogan che valorizzano il ruolo delle persone, in piena dissonanza con la realtà che quotidianamente viviamo.

Diventa, quindi, un obbligo per noi, iniziare a ragionare su quelle che saranno le dinamiche future del settore, ecco perché come FABI

Giovani abbiamo intrapreso un percorso di studio sul fenomeno, che parte dal 2015 con un’indagine effettuata proprio sui “bancari in cuffia” e che ci vedrà impegnati nei prossimi anni.

Diventa urgente proseguire un dibattito con le controparti, per rimarcare con forza i perimetri contrattuali di quella che sarà una fetta importante della banca del futuro.

Meglio abbondare che deficere vero, soprattutto se si parla di contrattazione collettiva per la gestione di un cambiamento in atto, che davvero ponga le basi per un futuro trasparente in linea con le ambizioni della nostra generazione.

Alessandro De Riccardis
Alessandro De Riccardis
Coordinatore Nazionale FABI Giovani
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