La maggior parte dei nostri lettori, molto probabilmente, non si sono mai interrogati su quando andranno in pensione e quale sarà l’assegno che andranno a percepire. Complice è la precarietà in cui naviga il sistema pensionistico italiano, che negli ultimi anni ha introdotto importanti modifiche sugli importi delle pensioni, sull’età pensionabile e sui criteri di calcolo della pensione stessa. Insomma, sembra un traguardo così lontano che forse è davvero meglio non pensarci, direbbe qualcuno.
E poi è condito da una serie di variabili incerte, l’aumento dell’aspettativa di vita, la denatalità, talune politiche governative e gli sviluppi economici.
Negli ultimi anni la spesa pensionistica in Italia è stata di circa 320 miliardi di euro, circa il 16% del prodotto interno lordo ed è un dato in costante aumento. Sono circa 14 milioni i pensionati destinatari dell’assegno di pensione previdenziale, molti dei quali già oggi fanno fatica ad arrivare alla fine del mese.
Nunc beate vivite, quia futurum incertum est, dicevano i latini. L’essere umano, per sua natura, tende a non affrontare un problema fino a quando non è costretto.
L’arte del rimandare a data da destinarsi è troppo spesso la risoluzione di tutti i problemi. Siamo sicuri che il sistema pensionistico così come è ideato oggi sarà sostenibile nel lungo periodo?
Ecco perché noi dobbiamo necessariamente interrogarci sul futuro e non possiamo non informare le persone che rappresentiamo circa le previsioni nebulose che il sistema presenta.
Da molti anni ormai nel settore del credito, grazie alla FABI e alle altre organizzazioni sindacali, è stato fatto un lavoro importante in tema di politiche sociali volte a compensare il sistema pensionistico ordinario.
Ancora una volta la contrattazione collettiva è stata determinante per la creazione e la tutela di forme pensionistiche complementari, che vedono spesso delle agevolazioni sulla contribuzione datoriale per i giovani neoassunti in banca. È importante ricordare, inoltre, le significative agevolazioni fiscali che favoriscono la ceazione di una pensione complementare, indispensabile per continuare a condurre una vita dignitosa. Insomma, il settore del credito è stato ancora una volta precursore di idee, dimostrando come visione d’insieme, lungimiranza e programmazione del futuro possano fare la differenza.
Per questo è importante ricordare anche l’introduzione della Long Term Care già nel CCNL del 2007 come ulteriore strumento assistenziale per il futuro dei bancari, che rappresenta un unicum nel panorama lavorativo italiano.
Tutto questo è stato possibile grazie alla tradizione e alla cultura sindacale del nostro settore che, ricordiamo, possiede il più alto tasso di sindacalizzazione in Italia, paragonabile a quello dei paesi scandinavi.
Tuttavia, nonostante gli sforzi profusi in termini di contrattazione e di comunicazione rileviamo come in molte banche medio-piccole siano ancora in troppi a non aderire ad un fondo di previdenza complementare.
Purtroppo, l’incertezza sul futuro disincentiva le persone alla programmazione di una vita lavorativa e, quindi, personale. Basta pensare che il bancario non è più un mestiere a cui molti giovani di oggi ambiscono, almeno come professione per tutta la vita. Alle volte è considerato un lavoro temporaneo, un trampolino di lancio verso altri mestieri, meglio retribuiti e con maggiori prospettive di crescita. Il bancario è spesso il mezzo di transito, non il fine. E anche su questo bisognerebbe interrogarsi per contrastare il fenomeno delle dimissioni volontarie nel settore, proprio per evitare la perdita di professionalità, formazione e know how.
Giovani e pensione potrebbe sembrare un ossimoro, ma oggi non può e non deve esserlo. Crediamo fortemente che il presente condiziona e condizionerà sempre il futuro, ecco perché è necessario fare scelte consapevoli oggi per provare ad immaginare un futuro all’altezza delle nostre aspettative, e se così non sarà, avremo fatto comunque del nostro meglio.