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a cura del Coordinamento FABI Giovani - giovani@fabi.it
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Risiko bancario

Negli ultimi 30 anni abbiamo assistito ad una drastica riduzione del numero di istituti di credito, infatti se nel 1993 le banche italiane erano circa 1037, nel 2023 risultano essere solo 434. Se guardiamo all’Europa, e come benchmark di riferimento la Germania, ci accorgiamo che ad oggi possiede circa 1391 istituti di credito, un numero ben tre volte superiore al nostro.

Il processo di riduzione inizia con la crisi finanziaria del 2008 e continua con la riforma delle banche popolari e delle BCC. Nel frattempo qualcuno decide che è necessario aumentare la solidità del sistema bancario italiano (perché solo il nostro?) per evitare dissesti e rischi per il paese.

Detto fatto, i principali gruppi bancari iniziano una frenetica ricerca di partner nazionali ed internazionali per creare sinergie utili al raggiungimento di dimensioni che consentono una certa stabilità (evitando di diventare facili prede) e profitti da garantire agli azionisti. Il processo di riduzione degli istituti ben si concilia con la riduzione degli sportelli e della presenza fisica delle banche lungo tutta la penisola.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti, migliaia di comuni senza un presidio bancario e centinaia di migliaia di persone private di un servizio che, quando conviene, viene definito “pubblico essenziale”. Se pensiamo che il processo sia terminato facciamo un grosso errore, anzi siamo alle porte di una nuova ondata di importanti aggregazioni, che potrebbero mettere a serio rischio i livelli occupazionali di un settore – quello del credito – ormai ridotto all’osso.

Grazie ad una lungimirante intuizione della FABI e delle altre organizzazioni sindacali nei primi anni 2000 è stato creato il Fondo di solidarietà, l’ammortizzatore sociale di settore che ha consentito prepensionamenti volontari ed evitato licenziamenti collettivi, fenomeno al quale abbiamo assistito nostro malgrado nel resto d’Europa, che ha visto migliaia di bancari licenziati per motivi economici.

Qualcuno dovrebbe spiegarci se il nostro settore continua a svolgere un servizio pubblico essenziale e quindi continua a rivestire un ruolo sociale di vicinanza al territorio, alle persone a alle imprese. Sicuramente la riduzione delle banche e quindi della concorrenza crea uno svantaggio per i consumatori, oltre che evidenti difficoltà nell’erogazione dei servizi bancari come l’accesso al credito, in drastica riduzione negli ultimi anni.

Rincorsa al profitto ad ogni costo o funzione sociale per la comunità?

Negli ultimi mesi si è sentito parlare spesso di Golden power a tutela degli asset strategici per il paese, come le banche ovviamente.

Diventa necessario quanto indispensabile iniziare a riflettere sul ruolo e sulla responsabilità che i gruppi bancari hanno nei confronti della collettività, creando un quadro normativo al passo con i tempi ed evitare proclami propagandistici ai quali siamo ormai abituati. Soprattutto perché le stime continuano ad essere più che positive, infatti il settore produrrà un utile di circa 50 miliardi di euro nel 2024.

Tuttavia, nei prossimi anni assisteremo con molta probabilità ad un taglio dei tassi da parte della Bce, con conseguente riduzione dei profitti ed il rischio che avvertiamo è che qualche gruppo bancario, per mantenere i livelli di redditività, proverà a recuperare terreno tagliando i costi del personale, utilizzando il pretesto della digitalizzazione.

È necessario che sappiano però che ci sarà un fronte compatto, quello dei lavoratori, che ha già dimostrato negli anni passati che è capace di scendere in piazza per rivendicare i propri diritti a difesa di una categoria che sente, più di qualche manager, la responsabilità nei confronti del paese.

Il risiko è partito, nessuno sa esattamente come andrà a finire, ma non saremo spettatori o comparse di un film che ha come trama il futuro della categoria.

Alessandro De Riccardis
Alessandro De Riccardis
Coordinatore Nazionale FABI Giovani
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